Le malattie metaboliche
La pressante richiesta dell’industria di avere un latte con una sempre crescente percentuale di grasso e proteina ha imposto alle bovine un altro profondo riassetto metabolico. La moderna bovina da latte produce un prodotto di alta qualità in linea con le esigenze del mercato ma rischia di aver maggiore possibilità di contrarre una malattia metabolica come acidosi ruminale subacuta e Ipocalcemia. Il continuo riassetto ormonale metabolico aumenta la capacità di produrre più latte, grasso e proteine, soprattutto nella Frisona.
In generale una malattia metabolico-nutrizionale viene definita come un disturbo dell’omeostasi interna causato da un abnorme cambiamento di uno o più processi metabolici critici che coinvolgono determinati metaboliti intermedi (glucosio, calcio, magnesio ecc…).
La maggiore prevalenza delle malattie metaboliche si concentra nella fase di transizione, In questa fase se non adeguatamente supportati con la gestione e la nutrizione si possono causare gravi alterazioni del metabolismo. Tutto questo comporta perdite economiche relative alle malattie metabolico-nutrizionali non sono legate solo alle cure dei singoli episodi ma si riflettono anche su quelle produttive degli animali, ad esempio una bovina colpita da collasso ipocalcemico è otto volte più soggetta a sviluppare una mastite, mentre una colpita da chetosi subclinica ha una probabilità otto volte maggiore di sviluppare una dislocazione abomasale.
Solo una perfetta conoscenza del metabolismo della bovina e di come la selezione genetica e genomica varia continuamente l’assetto ormonale e metabolico può permettere agli allevatori di prevenire queste patologie e quelle a loro altamente correlate, e attraverso un costante monitoraggio e controllo della bovina: dallo stato corporeo alla salute ruminale, dal controllo dei neonati alla salute della mammella
Come capire e combattere alcune delle più comuni malattie metaboliche è l’obiettivo del nostro corso che in quattro appuntamenti affronterà in particolare la chetosi e l’ipocalcemia
La chetosi, specialmente nella forma sub-clinica, decorre in forma “subdola” negli allevamenti di vacche da latte, con un incidenza anche molto elevata, rappresentando il più grande ostacolo per il conseguimento della massima redditività derivante dalla produzione di latte. Inserire nelle routine d’allevamento la ricerca sistematica della sintomatologia clinica e la positività strumentale è il prerequisito per gli allevatori che vogliano cercare le massime performance tecniche ed economiche della loro attività. Naturalmente è possibile prevenire questa malattie con nutrienti appositamente studiati. Per quanto riguarda l’alimentazione è possibile supportare l’animale con prodotti energetici a base di zuccheri e glicole. Le bovine ad alto rendimento hanno bisogno di razioni sufficientemente ricche in energia e proteine per produrre il latte, ma anche sufficientemente fibrose per una digestione ottimale.
L’ipocalcemia è una carenza di calcio. La malattia presenta una forma clinica e una forma subclinica e si manifesta nel momento in cui le vacche sono più vulnerabili, ossia durante il periodo di transizione. Subito dopo il parto le vacche hanno bisogno di grandi quantità di calcio che inizialmente ottengono dal sangue e successivamente dalle ossa e attraverso l’alimentazione. Se non è in grado di mobilizzare la quantità di calcio sufficiente, l’animale colpito ha difficoltà ad alzarsi e presenta un calo dell’appetito, con conseguente deterioramento della salute e delle prestazioni.
Un’alimentazione ricca di calcio offerta nel periodo finale dell’asciutta (close-up) è associata ad una maggiore incidenza di ipocalcemia post-partum.
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